L’economia circolare

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L’economia circolare

Questo articolo è stato pubblicato nel numero di Settembre di 2017 (pg. 9) della rivista “il Veses”, mensile rivolto agli abitanti della Valbelluna. Fa parte della rubrica “Ambientiamoci” curata da Michele Argenta ed Oscar Paganin, nata con l’obiettivo di rendere più vicino e comprensibile un problema complesso e globale come quello dei cambiamenti climatici.

L’Economia, da sempre uno dei cardini della nostra società, ma tra inflazione, indici della borsa, spread ed una ricerca ossessionata crescita del PIL rischiamo sempre di dimenticarci che l’economia non è la mera gestione dei soldi, fatti di numeri e segni persi in un mondo virtuale ma innanzitutto essa è la gestione delle risorse e dei beni della nostra casa, il pianeta terra (Oikos=casa, nomos=legge, norma).

Cosa ne resulta? Che queste regole per la gestione dei beni del pianeta vengono dettate senza un criterio ecologico; se ci fate caso, c’è la stessa radice nei termini: l’ecologia dovrebbe “ragionarci su” (logos=discorso) e l’economia “buttar giù” le regole. Ma quotidianamente ci imbattiamo in situazioni surreali come il fatto che oggi anno l’Italia importa kiwi dalla nuova zelanda e viceversa… o il fatto che viviamo in un periodo in cui costa meno acquistare un prodotto nuovo che ripararlo (in realtà molte cose vengono anche create in modo che non durino seguendo la strategia dell’obsolescenza programmata).

Che alternative ci sono? Georgescu-Roegen già negli anni ’60 si augurava che le scelte economiche venissero fatte pensando alla sostanza biologica su di cui l’economia si basa. L’economia deve sottostare alle leggi della natura, in particolare la seconda legge della termodinamica: in un sistema chiuso-limitato di risorse ed energie qual è il pianeta non si può pretendere un’infinita crescita della produzione e dei consumi (“nulla si crea e nulla si distrugge”). Come abbiamo visto ci sono falle a livello teorico che ci fanno agire come se vivessimo su di un pianeta con diverse leggi fisiche, ma soprattutto abbiamo basato la nostra società sui combustibili fossili: risorsa non rinnovabile ed inquinante.

Da qui a comprendere come l’economia può influenzare i cambiamenti climatici il passo è breve: al giorno d’oggi è più economico (e comodo) comprare su Amazon un oggetto fabbricato in Asia con materiali africani che l’oggetto creato dall’artigiano vicino di casa con materiali locali, o comprare un mango importato per via aerea dal Sud America.

La sfida che dobbiamo vincere è quella di transitare verso un’economia connessa ai limiti fisici del pianeta basata sull’utilizzo di fonti rinnovabili nonostante la spinta verso il consumismo irrazionale. Lo stesso principio si applica a un tipo di economia di cui sentiremo parlare spesso nel prossimo futuro: l’economia circolare.

Che cosa significa economia circolare? Ecco la spiegazione in un breve video del Parlamento Europeo:

 

 

Questo tipo di economia spinge sia l’utilizzatore finale che il produttore ad utilizzare e lavorare componenti e materiali che possono essere riutilizzati e che quindi comportano un basso impatto ambientale. L’idea di base è molto semplice. La nostra attuale economia è come una linea: estraiamo, produciamo, compriamo, usiamo e gettiamo. I due estremi si devono unire, creando così un sistema economico dove lo sfruttamento delle risorse e delle persone non avviene in scala gerarchica.

Ma fatu come senza schei?  Quei i serve sempre, ma al tempo stesso bisogna valorizzare le cosiddette Altreconomie: canali di gestione delle risorse del pianeta che seguono linee etiche, come i prodotti equosolidali e la finanza etica, e che rispettano l’ambiente, come i prodotti certificati biologici.

Il segreto sta nel riallacciare i rapporti da chi fornisce qualcosa, oggetto o servizio che sia, e chi lo riceve. Se all’acquisto dovessimo vedere la quantità di energia utilizzata, la qualità di vita dei lavoratori, le modalità con cui un qualcosa viene fatto allora si ci converrebbe eco-nom-eticamente comprare la sedia in legno fatta dal vicino che quella in plastica fatta in Taiwan.

 

 

Photo by: europarl.europa.eu