Più di 36 miliardi: questo è il costo per la salute e l’ecosistema, generato dal ciclo di vita dei prodotti alimentari derivati da bovini, suini e pollame. I problemi vanno dall’ acidificazione del suolo all’insorgenza di malattie legate al consumo di prodotti animali.
Un hamburger di manzo da 100 g non costa come il prezzo visibile sullo scaffale del supermercato. C’è un valore aggiuntivo “nascosto” di almeno 1,9 euro, che corrisponde al valore economico dei danni ambientali (1,35 euro) e sanitari (54 centesimi) prodotti durante il ciclo di vita di quell’ hamburger di manzo. Si tratta di 19 euro al chilo. La stessa cosa accade con la carne di maiale lavorata: in questo caso un chilo di prosciutto, mortadella, salame o wurstel costa in media 5 euro di danno ambientale e 14 euro di danno alla salute. Per ogni chilo di maiale fresco il costo invisibile supera i 10 euro (4,9 in costi ambientali e 5,4 in costi sanitari), mentre la carne di pollo arriva a 5 euro per ogni chilo.
Si stima che ogni italiano consuma in media 127 g di carne al giorno, di cui 61 g di maiale (44,9 di carne lavorata), 33 g di pollo, 29 g di manzo e 4 g di altri tipi di carne meno diffusi (coniglio, cavallo, …).
Secondo la ricerca della LAV (Lega Anti Vivisezione) commissionata alla onlus Demetra, società di consulenza nell’ambito della ricerca scientifica sulla sostenibilità, il costo nascosto collettivo del consumo di carne raggiunge in Italia i 36 miliardi di euro l’anno, che rappresentano in media 600 euro per ogni cittadino italiano, di cui il 48% sono costi ambientali e il 52% sono costi sanitari. L’ordine di importanza dei valori corrisponde alla somma di tre imposte attive in Italia: elettricità (14,4 miliardi nel 2017), l’addizionale regionale Irpef (11,8 milioni) e l’imposta sui tabacchi (10,5 miliardi).
Considerando i valori economici dei danni che ricadono ogni anno sui cittadini, il contributo principale proviene dal consumo di carne suina lavorata (54%), raggiungendo 19,7 miliardi di euro all’anno, di cui 14,4 miliardi di spese sanitarie. C’è poi il consumo di carne bovina (31%) con un costo collettivo di 11,5 miliardi, di cui 8 miliardi hanno un impatto ambientale degli allevamenti, poiché producono metano, uno dei principali gas serra presenti nell’atmosfera. Infine, abbiamo l’impatto collettivo del consumo di carne di pollo, con 3,2 miliardi all’anno. Per il calcolo sanitario è opportuno ricordare che è stato preso in considerazione il rischio di contrazione di queste quattro malattie: carcinoma del colon-retto, diabete di tipo 2, ictus e malattie cardiovascolari, che hanno una maggiore incidenza nelle persone che consumano carne rossa.
Secondo il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, nel suo intervento alla conferenza preparatoria della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, “si dovrebbe diminuire la quantità di proteine animali sostituendole con quelle vegetali”, oltre che per una questione di salute, anche perché “ la proteina animale richiede sei volte l’acqua della proteina vegetale, a parità di quantità” e ” gli allevamenti intensivi producono il 20% della CO2 emessa a livello globale “.
Il tipo di carne più prodotto oggi in Italia è il maiale, anche se la maggior parte viene ancora importata. Si stima che ogni anno nel territorio italiano vengano macellati circa 595 milioni di animali.
Ma cosa succederebbe se cambiassimo la nostra dieta a base di proteine animali in una dieta a base di proteine vegetali? La differenza non è solo nell’impatto ambientale e sulla salute, ma nel costo per ogni cittadino e nel guadagno di nutrienti. Per ogni 100 grammi di verdura il costo ambientale e sanitario è di 5 centesimi di euro, tra 8 e 37 volte inferiore all’impatto della carne. È ancora maggiore se confrontiamo il valore proteico: per ogni 100 g di prodotto, la soia contiene 36 g, i piselli 21,5 g, la carne di manzo 20 g, la carne di pollo 17,5 g e la carne di maiale 16 g. Nel calcolo collettivo, per 100 g di proteine vegetali il costo collettivo è 17 centesimi di euro, mentre 100 grammi di proteine animali costano tra i 2 e gli 11 euro.
Allora ti starai chiedendo se un maggior consumo di soia, ad esempio, da parte della popolazione non porterà ad un aumento dell’incidenza delle monocolture? La risposta è no. Circa il 90% di tutta la soia prodotta nel mondo serve a nutrire animali che sono consumati da noi umani.
Senza contare che questa produzione estensiva per l’alimentazione degli animali è la causa principale della perdita di biodiversità nel mondo, come in Amazzonia, dove ogni anno vengono disboscate illegalmente vaste aree in modo che i grandi produttori possano espandere ulteriormente le loro attività.
E come potremmo invertire questa situazione? La rieducazione alimentare potrebbe essere una buona strada. Il numero di persone che hanno optato per una dieta vegetariana è in aumento, il che è un’ottima notizia. Tuttavia, i nutrizionisti consigliano ai vegetariani di fare attenzione a introdurre alimenti che contengono vitamina B12, zinco, calcio e ferro nella loro dieta.
Un consiglio per avere una dieta vegetariana sana è combinare cibi che si completano a vicenda. Un esempio: la vitamina C aiuta nell’assorbimento del ferro da parte del nostro organismo, quindi sarebbe bene preparare pasti che contengono entrambi i nutrienti. La vitamina B12 è più difficile da trovare, in quanto è una vitamina di origine animale, ma la si può trovare in alimenti come cereali, latte e suoi derivati; e integratori a posta.
Non è certo facile decidere di smettere di consumare carne, ma ridurre il suo consumo è possibile. Introduci nuovi cibi nella tua dieta, cerca canali culinari e sii creativa/o. Reinventati. La natura è piena di possibilità. Cambia le tue abitudini e rieducati. Guadagnerai in salute e il pianeta diventerà più sano.
Fonti:
Veja: Quero parar de comer carne. O que fazer?
Tutte le immagini: LAV