Il cambiamento climatico non è più una crisi imminente, è un dato di fatto. È una realtà tangibile che sta portando devastazione in tutto il mondo e le previsioni per il futuro solo peggiorano. Sfortunatamente l’essere testimoni delle violente conseguenze della crisi climatica non è sufficiente per spingerci ad agire efficacemente. Come mai?
Forse non abbiamo capito bene quanto sia grave la situazione? Qualcuno deve continuare a spiegare sempre le stesse cose, a ripercorrere le cause e le soluzioni? Perché non facciamo di più? Perché non siamo tutti di fianco agli attivisti esigendo ai governi un’azione immediata?
Uno dei colpevoli silenziosi dell’inerzia nei confronti del cambiamento climatico risiede nei pregiudizi cognitivi (bias in inglese) che caratterizzano il processo decisionale di persone e aziende. È qui che la psicologia ci aiuta a capire meglio cosa accade.
I pregiudizi cognitivi non sono altro che distorsioni e meccanismi di difesa delle cui difficilmente ci accorgiamo; sono meccanismi della mente e la percezione umana frutto dell’evoluzione, quindi sviluppati durante migliaia di anni e sono inerenti a noi… ma nel caso della crisi climatica hanno un effetto controproducente. “I pregiudizi cognitivi ci fanno considerare il cambiamento climatico come un problema astratto e lontano oppure ne riducono la rilevanza e l’intensità”, spiega il giornalista Bruno Arpaia nel suo articolo Perché non prendiamo abbastanza sul serio il cambiamento climatico pubblicato sul blog della Università di Padova.
Psicologi, neurologi, filosofi e bioevoluzionisti ci spiegano che c’è ne sono tanti tipi di bias, ma qui vedremo solo alcuni. Ecco i principali pregiudizi cognitivi che si attivano quando ci troviamo di fronte alla crisi climatica:
Bias di conferma: Tendiamo a dare più attenzione e a credere più facilmente alle informazioni che confermano ciò che già pensiamo e a scartare quelle che contraddicono le nostre convinzioni.
Bias del presente: Detto anche hyperbolic discounting, ovvero la percezione che il presente sia più importante che il futuro. Tendiamo prioritizzare un guadagno immediato e sottovalutare benefici che potrebbero arrivare più in là nel tempo. Pensiamo ai nostri antenati sapiens che vivevano in mezzo alla natura circondati di minacce: evidentemente era più vantaggioso concentrarsi su cosa potesse ucciderci o mangiarci all’istante, e non una potenziale catastrofe futura.
Pregiudizio di prossimità: Siamo portati a favorire chi ci sta vicino a discapito di chi è più lontano. Anche questo è un pregiudizio che nel passato sicuramente ha portato vantaggi ma al giorno d’oggi solo porta all’inerzia nei confronti del cambiamento climatico. Una esperienza diretta dell’impatto della crisi climatica, ad esempio a causa di un evento estremo, rende molto più semplice accettarne l’esistenza e la necessità di agire per mitigare e adattarsi.
Bias di normalità: La nostra mente trova stabilità nel pensare che in futuro le cose continueranno a funzionare come hanno sempre funzionato in passato. E anche se avviene una catastrofe in realtà non ci riguarderà personalmente. Evidentemente si tratta di un meccanismo di difesa che ci permette di vivere in tranquillità senza essere sopraffatti dai dubbi e dalle paure.
Sunk-Cost Fallacy: Quest’ultimo è la ciliegina sulla torta. La sunk-cost fallacy ci parla di una trappola mentale: più investiamo tempo ed energia in una direzione determinata più tenderemmo a continuare sullo stesso percorso anche di fronte a risultati ripetutamente negativi. Più affondiamo e più saremo sempre meno portati a cambiare strada. Questo si collega perfettamente con lo status-quo bias, che ci spinge a rifiutare i cambiamenti troppo radicali perché sono dispendiosi in tempo ed energie.
Davanti ai bias, cosa possiamo fare?
Innanzitutto, capire che i pregiudizi cognitivi ci riguardano tutti. Sì, anche chi è consapevole del cambiamento climatico e lo sa che bisogna agire subito. Una maniera per bypassare i pregiudizi della percezione umana è quella di inquadrare le sfide positivamente, in questo caso, parlare delle possibilità di cambiamento positivo che ci presenta la crisi climatica e non concentrarsi tanto sulle conseguenze negative. Ma l’aspetto fondamentale è sentire il problema come nostro, perché il cambiamento climatico riguarda ogni uno di noi direttamente.
Fonti
Perché non prendiamo abbastanza sul serio il cambiamento climatico Università di Padova
Bias cognitivi e crisi climatica: l’evoluzione ci ha dato un cervello “negazionista” Rinnovabili.it
Sleepwalking into Catastrophe: Cognitive Biases and Corporate Climate Change Inertia Sage Journals
Bias cognitivi e climate change Mar dei Sargassi – Noemi De Luca
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