Se siete degli amanti dello sci da discesa e quest’anno avete avuto la fortuna di scendere da qualche pendio innevato, statisticamente 9 volte su 10 avete sciato su neve artificiale. Lo sottolinea il rapporto “Nevediversa 2023”, che esce alla fine dell’anno più caldo e secco in Italia dal 1800 a oggi. È un documento importante perché racconta con chiarezza gli aspetti problematici dell’industria dello sci che tocca tutti senza eccezioni, dalle località più rinomate fino alle stazioni di media montagna. Perché su un pianeta che si sta riscaldando sempre più velocemente ormai non si sta più freschi e sicuri nemmeno sulle piste.
Il report di Legambiente è il quarto uscito a livello nazionale e internazionale (WMO settembre 2022, Banca d’Italia dicembre 2022, CMCC gennaio 2023) e aggiunge importanti tasselli nell’approfondimento degli effetti della crisi climatica sul futuro delle economie alpine.
Il quadro che ne esce è l’ennesimo allarme che la comunità scientifica vuole lanciare alle terre alte: è necessaria una conversione dalla monocultura dello sci e c’è poco tempo per farlo.
Il nuovo inverno
L’accordo sul clima stilato a Parigi nel 2015 a conclusione di COP21 ci aveva dato un importante impegno politico: mantenere l’aumento della temperatura media globale a +1.5° rispetto all’era preindustriale. Nevediversa apre dicendoci che questo limite è stato mediamente già raggiunto in tutto il paese. Ad Aosta e al Gran San Bernardo siamo a +1.8°, a Milano a +1.9° e sono stati raggiunti anche nuovi record minimi secolari di precipitazioni sulle regioni nord-occidentali. Fa più caldo, continua a non piovere, non solo c’è meno neve, ma meno acqua in generale. A Crodo, in val d’Ossola, a gennaio 2023 la sindaca ha emesso un’ordinanza per limitare l’uso delle risorse idriche. Un paradosso per un paese famoso per l’abbondanza di sorgenti che da sempre alimentano l’azienda di produzione del Crodino e gli impianti termali, ma che, come tante altre località, è letteralmente agli sgoccioli. A 25 km di distanza, nel comprensorio di Formazza ski, l’aumento medio della temperatura ha superato i + 3.3°.
L’industria dello sci però, apparentemente, continua a reggere e anzi, cresce addirittura confrontando i dati 2022/2023 con quelli dell’anno precedente. Skipass Panorama per la stagione corrente ha previsto un aumento di presenze: 4.116.000 praticanti di discipline sportive con un aumento di + 5,2% per lo sci in pista. Peccato però che l’aumento dei praticanti sia controbilanciato dal calo del totale delle giornate trascorse in montagna dai singoli individui e che per la stagione attuale è possibile un calo del fatturato, dovuto sia alla mancanza di neve che alla minor richiesta di servizi come noleggio attrezzature, maestri, skipass, impianti di risalita. Tra l’altro, quando si scia in pista, si scia su manti artificiali. L’Italia è il paese alpino dove è più diffusa la neve prodotta dai cannoni: la percentuale di piste innevate artificialmente è del 90%, contro il 70% dell’Austria, il 50% della Svizzera e il 38% della Francia.
C’è chi è arrivato ad essere convinto che sia questa la miglior risposta di adattamento, tra cui la presidente di ANEF Valeria Ghezzi. Non nevica? Fabbrichiamo la neve di cui abbiamo bisogno, tanto è fatta solo di “aria di montagna e acqua di torrente”. Nel discorso sulla crisi climatica però, l’adattamento – ovvero il processo di adeguamento agli effetti attuali e futuri dei cambiamenti climatici – da solo non basta. Deve essere accompagnato da politiche e strategie di mitigazione, l’insieme delle azioni che riducono l’emissione in atmosfera dei gas serra responsabili del riscaldamento globale. Se le temperature continueranno ad aumentare, infatti, l’innevamento non solo non sarà più praticabile per scarsità di risorse, ma non sarà più sufficiente. Se in passato la neve artificiale era usata a integrazione delle precipitazioni naturali, sottolinea il report, oggi è un elemento fondamentale per la preparazione, il mantenimento e la vita stessa delle piste. Richiede però grande e costante disponibilità di acqua, prelevabile da fiumi e sorgenti, non senza conseguenze ecologiche della flora che lì vive, o dai bacini idrici artificiali, tema critico, al quale vengono dedicate tante pagine. Questo tipo di infrastrutture è infatti sempre più presente nelle località sciistiche di tutta la penisola (142 quelle mappate per una superficie totale pari a circa 1.037.377 mq) ed è creato a fronte di imponenti scavi e interventi invasivi. Il problema maggiore, però, risiede nel costo ambientale: i bacini artificiali tendono a impoverire il territorio di acqua, andando ad aggravare la situazione creata dalla siccità.
C’è inoltre un altro fatto che ci spiega come l’innevamento non può essere una strategia di adattamento. Se le temperature medie globali continueranno ad aumentare, gli spazi dove la neve artificiale potrà reggere saranno sempre meno. Sparare neve sarà possibile solo in località ad alta quota, in luoghi dove i costi già elevati della neve e della pratica sportiva subiranno incrementi consistenti (il costo medio della produzione è già passato dai 2€ al metro cubo del 2021 ai 5€ medi al metro cubo del 2022) facendo ridiventare quella dello sci alpino una pratica d’élite, come a inizio Novecento. In un mondo dove la crisi climatica rende scarse e costose le principali risorse per la produzione di neve artificiale, acqua ed elettricità, l’innevamento dei pendii non può più essere l’unica fonte di sostentamento di intere vallate.
Gli sgoccioli
L’evidenza di quanto l’industria dello sci sia già al collasso sta però tutta nello stato degli impianti. Nel 2023 in tutta Italia è aumentato il numero di infrastrutture che non sono più o sono solo parzialmente fruite. Gli “impianti dismessi” sono 249, quelli “temporaneamente chiusi” 138, quelli sottoposti ad “accanimento terapeutico”, ovvero in grado di sopravvivere solo a fronte di forti iniezioni di denaro pubblico, sono 181. Ci sono poi gli “impianti un po’ aperti, un po’ chiusi”, che possono aprire solo a determinate condizioni e che quindi rendono bene l’idea della situazione di incertezza che vive il settore.
Investire in nuovi comprensori, immaginare di sciare tutto l’anno sotto tunnel alimentati a pannelli solari e innevati artificialmente, immaginare che basti creare un aeroporto a Cortina per risollevare il settore è quindi sia folle che miope. E lo spiega molto bene anche il report elencando 10 brutte idee che stanno andando proprio in questa direzione. L’indignazione non è sufficiente per cambiare il mondo, sono riportate anche 10 buone idee da copiare. Perché alla fine il futuro è solo questione di immaginazione, anche quello della montagna e del suo inverno.
Per scaricare il report “Nevediversa: Il turismo invernale nell’era della crisi climatica” completo in PDF clicca sul bottone a destra